Venerdì, 18 Gennaio 2013

La vergogna della chiusura della Storia Patria

La chiusura della Società della Storia Patria, allocata nello storico edificio di Piazza San Domenico accosto al Pantheon ove riposano i Padri, non ha suscitato alcuna reazione né commento e men che meno una sia pur abborracciata soluzione, nell’entourage regionale preposto alla promozione e diffusione della cultura. Neppure un allarme per il turismo culturale, che possa soffrire della soppressione di una istituzione destinata, come recita il manifesto costitutivo, «a promuovere lo studio della storia delle tradizioni siciliane» in una Regione che si fregia di un apposito assessorato alla “identità”, probabilmente pensata più mediatica che culturale.

 

Era il 1873 quando il sindaco Domenico Peranni convoca i più autorevoli studiosi - e non sarà un caso se tutti compaiono nella toponomastica cittadina -, per incrementare ricerche e pubblicazioni di «Documenti per servire alla Storia di Sicilia», che sono durate fino a pochi giorni fa tra attività scientifiche di carattere politico, civile e artistico, scambi con istituzioni italiane e straniere, relazioni con le Accademie più prestigiose, che hanno fatto della Storia Patria un centro ricco e fertile di insegnamenti e scoperte per gli studiosi, gli stessi che da oggi trovano sbarrato il portone della preziosa biblioteca.

La Regione non ha erogato per il trascorso 2012 i finanziamenti, previsti da una apposita legge voluta dallo storico Massimo Ganci, di appena 150.000 euro e così la direzione ha dovuto licenziare, con dolore, quattro valenti collaboratori e chiudere i battenti per impossibilità di affrontare le spese correnti. Sic transit gloria mundi? Non propriamente, se si ragiona sulle somme erogate dalla Regione per “attività culturali” e finite, anche quelle della legge Ganci, nel calderone clientelare delle saghe paesane che tutto promuovono, specialmente consensi e voti, tranne che cultura. In effetti, nella diffusione dell’ignoranza portata a modello di comportamento, una istituzione come la storia patria sa di muffa, roba di pochi eletti che si incantano sui cimeli storici e poco sanno dei management e marketing che fanno girare il mondo. E che le scolaresche frequentassero assiduamente il bellissimo Museo del Risorgimento, inaugurato il 9 settembre scorso dal Presidente Napolitano per il 150° dell’Unità d’Italia, e che da ora in poi ne saranno private, con nessun tablet che possa equiparare l’emozione della cognizione diretta della nascita della Nazione, a nessun politico e amministratore della cosa pubblica sembra importare granché.

Altrimenti in Regione, ai primi scricchiolii della struttura, avrebbero provveduto, per non provare la vergogna del disinteresse e dell’abbandono di un patrimonio di saperi e di luoghi destinati ad andare in malora, con nostra somma ignominia. E i più attenti, fra le alte sfere regionali, magari avrebbero potuto mettere in atto, con i remuneratissimi onorevoli e i privilegiatissimi organismi “personali” che alimentano miti e carciofi, il “patto di solidarietà” che molte aziende praticano per non licenziare: meno ore e meno retribuzione per tutti, per lavorare tutti.

No, bisogna trovare una soluzione perché è una vergogna che sommerge la nostra identità, presunta.

Rosanna Pirajno

Commenti  

0 #1 Franco Torre 2015-03-05 07:52
Pensare che un potere che si fonda sull'ignoranza delle persone possa promuovere la diffusione della conoscenza, di qualcosa cioè che viene visto come un pericoloso virus, è aspettarsi che accada qualcosa che non può accadere. La triste verità, che rimane tale anche se non la si vuole accettare, è che i siciliani alla conoscenza preferiscono, da sempre, "le conoscenze". E non si tratta di usare il plurale al posto del singolare.
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