Mai, forse, come in questi anni si è sentito parlare così tanto di rispetto delle regole.
E ancor di più di legalità, vale a dire di rispetto delle leggi.
Il richiamo emotivo di questa parola ne ha fatto ormai una specie di parola magica, una banale parola d'ordine, uno slogan.
Frequenti sono poi i casi in cui legalità viene usata come comodo scudo da parte di realtà interessate a sfruttare la popolarità della quale questa parola gode in larghi strati della società.
A parte il fatto che rispettare le regole non significa affatto, semplicemente per questo, fare la cosa giusta (che è invece quello che dovrebbe interessare di più), come ci si può aspettare il rispetto delle norme che regolano la convivenza civile di una comunità da parte di chi non rispetta nemmeno le semplici regole che stanno alla base della scrittura e della pronuncia delle parole?
Sono in tanti, per esempio, gl'italiani che non capiscono la differenza che c'è tra scrittura e pronuncia, abituati come sono più a parlare che a scrivere e, soprattutto, ad usare una lingua (l'italiano, appunto) caratterizzata da una sostanziale coincidenza tra pronuncia e grafia delle parole.
Le difficoltà che molti italiani incontrano nello scrivere aumentano considerevolmente quando hanno a che fare con le parole straniere, non essendovi in quelle coincidenza tra grafia e pronuncia.
Non sono rari i casi di parole straniere pronunciate in maniera assolutamente “libera”.
Alcune di queste parole sono oggetto di modifiche che interessano la pronuncia (talvolta vengono pronunciate come se fossero italiane, cioè così come sono scritte), per altre le modifiche riguardano la scrittura.
Palermo, con la sua storia, ricca di presenze straniere, fornisce diversi esempi in proposito.
Tra i tanti cito solo due casi, entrambi relativi alla lingua spagnola.
Il primo riguarda una parola che viene pronunciata come se fosse italiana, il secondo riguarda invece una parola che viene scritta come si pronuncia.
In entrambi si nota il mancato rispetto delle regole di pronuncia e di scrittura delle parole straniere (va però detto che in Italia non esiste l'equivalente della Real Academia Española, organismo al quale la Spagna riconosce la responsabilità di garantire, attraverso l'elaborazione di regole linguistiche, di grammatica e di ortografia, uno standard linguistico comune).
Il primo caso ha per oggetto la via Maqueda, il cui nome i palermitani pronunciano così com'è scritto, quando invece la corretta pronuncia è Machéda.
Nella convinzione che la pronuncia e la grafia del nome della città spagnola di cui il vicerè Bernardino de Cárdenas y Portugal era duca dovessero coincidere si è arrivati al punto di scrivere Macqueda.
Il secondo caso ha per oggetto i Quattro Canti (di città), ovverosia piazza Villena.
In questo secondo caso, allo scopo di far coincidere pronuncia e scrittura (secondo l'usanza italiana), si è modificata la scrittura del nome della città spagnola citata nel titolo di un altro vicerè, Juan Manuel Fernández Pacheco, fondatore e primo direttore della Real Academia Española sopra richiamata.
E così Villena è diventata Vigliena.
A quando la modifica della grafia di John Lennon (al quale i palermitani hanno dedicato una piazza) in Giòn Lennon?
Se la varietà dei modi con cui gl'italiani scrivono e pronunciano i nomi stranieri può essere attribuita alla mancanza dell'equivalente italiano della Real Academia Española, non può certamente essere attribuita a questa mancanza l'abitudine di non rispettare le regole, o quella di crearne di proprie.
Ed a Palermo, città dalla quale ho tratto i due esempi sopra citati, entrambe queste usanze sono particolarmente diffuse.
Per la gran parte dei palermitani, infatti, uniformarsi alle regole, qualunque sia la materia che queste regolamentano, è qualcosa di inconcepibile.
Accettare l'idea che ci sia qualcuno (un'istituzione, un'autorità) che stabilisca delle regole alle quali dover sottostare, regole generali, vincolanti per tutti, è una cosa assolutamente inaccettabile.
A meno che non si tratti di regole particolari, quali per esempio quelle del proprio ristretto gruppo, del proprio clan.
A Palermo il rispetto di regole generali, valide per tutti, è come il mare d'inverno di Enrico Ruggeri: qualcosa che il pensiero non considera.
FRANCO TORRE
N.B.: la Real Academia Española fu fondata a Madrid nel 1713 da Juan Manuel Fernández Pacheco, marchese di Villena e duca di Escalona, vale a dire proprio dal vicerè ricordato dai Quattro Canti di Palermo.
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