Lunedì, 06 Luglio 2015

Note su Santa Maria dell’Ammiraglio

La chiesa greco-ortodossa di Santa Maria dell'Ammiraglio, tra i monumenti del percorso arabo-normanno di Palermo, Cefalù e Monreale appena divenuto patrimonio mondiale dell'Unesco, costituisce una delle testimonianze più spettacolari dell'incontro tra l'architettura araba e l'arte bizantina del mosaico.

In stile bizantino, con scritte in greco, S. Maria dell'Ammiraglio offre la possibilità di ammirare il più antico (assieme a quello della Cappella Palatina) ciclo di mosaici della Sicilia.

La chiesa prende il nome da Giorgio di Antiochia, famoso ammiraglio di Ruggero II, che la fondò nel 1143 (“ammiraglio”, da amir al-bahr, vale a dire “comandante del mare”, è una delle tante parole di derivazione araba di uso comune).

A Giorgio di Antiochia è legato anche un altro luogo storico di Palermo, il Ponte Ammiraglio (anche questo nella lista dei monumenti del percorso arabo-normanno), immortalato da Renato Guttuso in un famoso quadro.

Nel 1434 Santa Maria dell'Ammiraglio fu annessa al vicino monastero benedettino femminile che Goffredo ed Eloisa Martorana, antichi nobili della città, avevano fondato nel 1193 e da allora, per i palermitani, questa chiesa è, semplicemente, “La Martorana”.

Ed è proprio quest'appellativo che lega indissolubilmente l'antico monastero benedettino ad uno dei dolci palermitani più popolari, la “frutta martorana”, i famosi dolcetti di pasta di mandorle (detti anche “di pasta reale”), perfette riproduzioni della frutta, come arance, mandarini, banane, fichi, pesche.

Fino a qualche decennio fa erano numerosi, in tutta la Sicilia (nella sola Palermo ce n'erano una ventina), i monasteri nelle cui silenziose cucine veniva praticata l'antica arte pasticciera conventuale.

Le monache del monastero della Martorana si erano specializzate nella realizzazione dei frutti di pasta di mandorle.

Oggi, purtroppo, di quei monasteri ne sono rimasti in attività solo tre: uno a Mazara del Vallo, uno ad Agrigento ed uno a Palma di Montechiaro (quest'ultimo è espressamente citato nel “Gattopardo”).

Tra i mosaici della chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio quello che considero il più significativo (per chi fosse animato dalla curiosità di conoscere, di capire, Palermo) è quello nel quale si vede Ruggero II, il primo re siciliano, che, nella Cattedrale di Palermo, riceve la corona direttamente da Cristo.

Lo considero il più significativo non solo per la sua bellezza ma per il messaggio che comunica a proposito della natura dei palermitani.

Ritengo infatti che conoscere una città non significhi soltanto conoscerne i monumenti, le opere d'arte, ma conoscere il carattere di chi ci vive, capire il perché di certe usanze, di certi comportamenti.

E la grandezza di alcune opere d'arte è tale proprio per la loro capacità di comunicare, di raccontare l'anima di un luogo.

Del mosaico di Ruggero II va innanzitutto notato che quello che l'incorona è il Cristo Pantocratore, l'Onnipotente, quello che, oltre che nella chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio, è raffigurato nelle absidi della Cappella Palatina, del Duomo di Cefalù e del Duomo di Monreale.

Straordinaria è poi la somiglianza delle due figure, elemento per nulla casuale; quello che infatti questo mosaico vuole indicare è che il re normanno altri non è che il rappresentante del figlio di Dio sulla terra (sembra quasi voler dire che, per incoronare Ruggero II, Dio in persona era sceso a Palermo).

L'elemento sul quale però vale la pena di concentrarsi è dato dal fatto che in questo mosaico sono rappresentate solo due figure, il re normanno e Cristo, a sottolineare il fatto che per Ruggero II il rapporto tra lui e l'Onnipotente è un rapporto diretto, senza alcun intermediario.
Se si pensa che Carlo Magno venne incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero dal Papa e che l'auto-incoronazione di Napoleone a Imperatore dei francesi avvenne comunque in presenza del sommo Pontefice, la scena immortalata nel mosaico di Santa Maria dell'Ammiraglio di Palermo assume un significato assolutamente eccezionale, unico.

Osservando la scena rappresentata in questo famoso mosaico credo proprio che ad essa (e al fatto che, con l'ascesa al trono imperiale nel 22 novembre 1220 di Federico II, nipote di Ruggero II, Palermo era stata, a tutti gli effetti, la capitale del Sacro Romano Impero, e cioè il centro del mondo) possa essere associata una sindrome che è possibile riscontrare in molti palermitani: quella di sentirsi, in virtù di una grandezza passata, in condizione di trattare alla pari con chi sta al vertice del potere.

E come potrebbe essere altrimenti per gente che crede di far parte della famiglia degli dei (i Siciliani non vorranno mai migliorare, per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria, sono le illuminanti parole che Don Fabrizio Corbera dice all'ingenuo Chevalley)?

Uscendo dalla chiesa inviterei infine ad osservarne la facciata: ricorda, soprattutto nel campanile, quella di Notre Dame di Parigi.

Somiglianza non casuale, dal momento che alla costruzione della cattedrale di Parigi (cominciata nel 1163) presero parte maestranze culturalmente vicine a quelle che avevano lavorato a Palermo alla costruzione della Martorana.

Franco Torre

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