Venerdì, 19 Aprile 2013

Fare cultura senza soldi pubblici

Ha ragione Nino La Spina a lamentare il comportamento della Regione nel dar luogo a tagli indiscriminati di contributi a enti, fondazioni, società culturali, fermandosi sul caso specifico del Centro Pio La Torre che come tutti sanno svolge un ruolo fondamentale e molto apprezzato nella lotta alla mafia con concorsi, pubblicazioni, lezioni. Ciò posto però ognuno può raccontare la sua storia nella stessa chiave che, attenzione, non è lamentatoria quanto piuttosto pensosa degli interessi generali. E veniamo ai fatti. Ci fu un tempo felice, nel quale la Regione erogava, utilizzando un apposito capitolo di bilancio, contributi a vari soggetti culturali che oscillavano fra i 20 e i 25 mila euro l’anno che venivano utilizzati per sostenere le spese di gestione e in parte per gli scopi statutari. C’era in quegli anni un soggetto che utilizzava il 50 per cento del contributo per effettuare piccoli ma significativi restauri condotti rapidamente con procedure “private”: due tele secentesche a San Domenico, una statua lignea a Palazzo Abbatellis. Nel 2009 la consistenza del capitolo scese da 300 a 200 mila euro e naturalmente i contributi seguirono la stessa sorte, finché nel 2010 sulla base di una legge regionale, si confermava in 200 mila euro la consistenza del capitolo ma con la singolare variante che di queste somme ben 130 mila euro erano destinati, sempre per legge beninteso, all’Accademia degli Zelanti e Dafnici di Acireale le cui benemerenze culturali erano nella parte occidentale dell’Isola abbastanza sconosciute. Il resto e cioè 70 mila euro poteva essere spartito fra gli altri soggetti che si videro ridurre il proprio contributo di oltre due terzi con grave pregiudizio non solo della stessa sopravvivenza ma ancor più, nel caso sopracitato, della sia pur modesta e silenziosa opera di restauro effettuata. Per la cronaca oggi il capitolo di bilancio è di appena 36 mila euro. Fortuna che organi lungimiranti hanno consentito a quel soggetto di continuare a proprie spese fruendo dei fondi del 5 per mille le piccole opere di restauro (ma fino a un certo punto). A dimostrazione di un altro caso di cattivo uso dei fondi pubblici, e questa volta mediante una legge regionale sui cui requisiti di costituzionalità vorrei conoscere il parere di La Spina. Ah dimenticavo, il soggetto passivo ma allo stesso tempo attivo della vicenda è la piccola Fondazione Salvare Palermo che per fortuna è ancora viva e vitale a dimostrazione che la cultura non si fa solo con il denaro pubblico.

 

Salvatore Butera

 

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