L'onestà come bene supremo, o forse meglio come moneta corrente di comunità mediamente sane, per la nostra generazione resta appannaggio di individui che nel corso della loro vita, distinguendosi come galantuomini o persone perbene e infine malauguratamente eroi, coltivarono ideali, principi, valori civici e spirituali con i quali provarono a costruire, spesso riuscendoci, società più giuste e responsabili. Migliorando la vita di collettività tutte intere.
Esempi di rettitudine, addirittura campioni di onestà furono per noi i Padri e le Madri e i Maestri impegnati, nella sfera pubblica e privata, a seguire la stella polare della serietà e competenza con una compostezza che nulla concedeva all'interesse privato, né all'ingordigia di potere e denaro. Oggi sono fuori allenamento troppi tra i successori di quegli uomini e quelle donne che, in ciascuno dei gangli e dei ruoli rivestiti nel sociale e persino tra amministratori e politici e pezzi dello Stato addestrati allo "spirito di servizio" perciò inabbordabili, gestivano la cosa pubblica nell'esclusivo interesse della collettività, secondo coscienza, onestà e giustizia e i principii costitutivi delle società democratiche.
Eppure, non ha del tutto fiaccato le coscienze l'inabissamento di legalità e onestà dei nostri tempi, se gruppi di cittadini provano a trasformare la presa di distanza dalla politica in una forma di partecipazione attiva che manifesta, come in questa Festa dell'Onestà organizzata da cittadini comuni non dimentichi degli insegnamenti dei Maestri, il desiderio di riappropriarsi di ciò che ci appartiene: la città, il territorio, la vita sociale negli spazi della polis storicamente radicata nella buona politica, a cui è necessario appellarsi per neutralizzare le scandalose inettitudini e le sfrontate disonestà che paiono prevalere nella vita pubblica contemporanea.
Rosanna Pirajno