Ringrazio ancora in particolare Nino Vicari per avere ricordato che Ludovico Quaroni, alla morte di Caracciolo aveva auspicato la raccolta e la pubblicazione degli scritti del maestro, giudicandola cosa preziosa, invito che io ho raccolto, "sia pure dopo mezzo secolo".
Ci sarebbe da chiedersi perchè nessuno dei docenti della Facoltà di Architettura, lo ha fatto prima di me, ma forse é inutile porre questa domanda. Tuttavia per tramandare ai posteri frammenti di verità, ricordo anche in questa occasione quanto ho più diffusamente scritto nel volume e cioè che dopo la morte di Caracciolo l'urbanistica a Palermo é stata feudo indiscusso di Giuseppe Caronia, poco portato all'attività di studio e di ricerca, non in grado di formare una scuola e molto incline per sua stessa ammissione ai guadagni derivanti dall'esercizio della professione, dovendo mantenere nove figli.
L'urbanistica palermitana è stata anche falcidiata da morti premature (Luciana Natoli, Antonio Bonafede), ricollocazioni disciplinari (Gianni Pirrone) abbandoni forzosi (Leonardo Urbani, Roberto Calandra).
Inoltre l'urbanistica e la pianificazione non hanno mai trovato una sponda politica con cui fare squadra e sperimentare applicazioni significative. Anzi, sono state e sono considerate sempre di più di impedimento alle trasformazioni e allo sviluppo dei territori secondo un'ottica miope, incapace di porsi obiettivi di lungo periodo.
Le cose accadono quando accadono e sono stata felice di questo incontro culturale con il professore Caracciolo, anche se tardivo, con la speranza di portare all'attenzione degli studiosi e degli studenti il suo approccio e le sue intuizioni estremamente attuali nello studio della città e del territorio.
Riamanendo nel campo delle problematiche palermitane, ricordiamo che a partire dagli anni ’30, Caracciolo denuncia tenacemente criticità e problemi della città, con cui ancora oggi facciamo i conti, ben lungi dall’avere trovato soluzioni adeguate. Tra i più eminenti e cronicizzati, il recupero e il ruolo del centro storico, l’assetto funzionale e paesaggistico del waterfront urbano, i rapporti tra la città e il porto, il fabbisogno abitativo per le classi meno abbienti; la progressiva rarefazione del verde agricolo, elemento identitario e costitutivo del paesaggio palermitano.
Così come non si stanca di sottolineare che le soluzioni possono essere trovate solo all’interno di un quadro organico di previsioni derivanti da un buon piano regolatore, supportato da adeguate risorse economiche e gestito da amministratori responsabili e capaci. Ma non si stanca di ripetere che nel Mezzogiorno e in Sicilia il problema più importante di cui l'urbanistica deve essere consapevole è la povertà della maggior parte della popolazione per la quale devono essere previsti alloggi a basso costo, in grado di garantire una dimensione comunitaria derivante dall'analisi delle tradizioni abitative delle classi meno abbienti, nelle quali riscontra elementi di grande socialità, anche in ambienti fortemente degradati.
E' commovente leggere le ripetute richieste a deputati e ad esponenti del governo siciliano di adoperarsi per emanare una legge urbanistica per la Sicilia, per redigere un piano urbanistico regionale (mai redatto per colpa dell'ottusa politica regionale) per finanziare la redazione dei piani regolatori: richieste inoltrate sempre con fiducia, rispetto e ottimismo, nonostante i prevalenti silenzi alle sue sollecitazioni.
Con la stessa insistenza Caracciolo propone rigorose metodologie di studio e di progettazione urbanistica e afferma più e più volte che qualunque piano deve essere preceduto da analisi rigorose a partire da accurate interpretazioni delle trasformazioni del territorio urbano e rurale, dalla storia delle comunità insediate, da esaurienti analisi demografiche, economiche e sociologiche. Studi che egli stesso coordina o conduce in prima persona, mai con la freddezza dell'anatomo-patologo ma con l'amorevolezza del medico condotto.
Ho scoperto con grande soddisfazione che i miei lavori nel campo dell'urbanistica e i contenuti del mio insegnamento sono stati caratterizzati dagli stessi percorsi metodologici, finalizzati a individuare e interpretare i caratteri identitari del territorio, come matrici delle scelte progettuali.
Per concludere voglio ricordare l'attività del professore Caracciolo nel campo della conservazione e del riuso dei centri storici, di cui in qualche modo ho raccolto il testimone. Caracciolo infatti nel 1960 partecipa alla costituzione dell'ANCSA (Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici) e contribuisce alla redazione della Carta di Gubbio, pietra miliare nella tematica dell'intervento nei centri storici, in cui si statuisce, tra l'altro, la conservazione non solo delle architetture monumentali, ma anche dei contesti urbani di appartenenenza.
Questo tema di ricerca mi ha sempre appassionato e alla fine degli anni '80, ho avuto il mandato dal Consiglio Direttivo Nazionale (tra cui Bruno Gabrielli, Tommaso Giura Longo e Valerio Di Battista) di formare la Sezione Regionale, riannodando il filo con l'attività di fondazione svolta dal professore Caracciolo, aprendo un nuovo fronte di politica culturale e riportando le esperienze siciliane all'attenzione nazionale.
Ringrazio ancora una volta i colleghi che hanno contribuito generosamente alla presentazione del volume, le editrici di Caracol, Monica Capraro e Stefania Guastella, che mi hanno supportato con grande professionalità e il pubblico presente, particolarmente qualificato e paziente.
Teresa Cannarozzo