La mostra si è svolta a Palazzo Branciforte ed è stata inaugurata dalla signora Danielle Mitterand. Essa ha avuto per oggetto "Il fiume Oreto - storia, proposte, speranze", con l’intento di sostenere il progetto dell’Associazione culturale Fiumara d’arte “Io sono il fiume Oreto dell’Umanità”.
Hanno aderito e collaborato 80 scuole dei comuni di Palermo, Altofonte e Monreale, l’Ufficio scolastico regionale, la Facoltà di architettura dell’Università di Palermo, la Biblioteca comunale di Palermo e le amministrazioni comunali di Palermo, Altofonte e Monreale.
Il corso naturale del fiume Oreto cominciò ad essere disturbato dalla mano dell'uomo nella seconda metà dell'Ottocento.
Fino ad allora scorreva libero e sinuoso nel territorio prima di gettarsi nel mare ad oriente della nostra città.
Dopo l'ultima battaglia di Garibaldi con l'esercito borbonico che rese ancora più celebre il medievale ponte dell'Ammiraglio, fu deliberato di raddrizzare ed incalanare l'ultimo tratto del fiume, costringendolo entro due alte pareti di muratura.
Il lungo corso del fiume di circa 21 chilometri, che si snoda fra i territori di Monreale, Altofonte e Palermo, adagiato in una valle amenissima, che nella parte più pianeggiante fu famosa come la conca d'oro, ha goduto di buona salute fino alla metà del secolo scorso, quando la generazione a cui appartengo fu protagonista e vittima di uno sbandamento esistenziale, che la indusse a invadere e distruggere in mezzo secolo l'ambiente naturale intorno alla città.
La conca d'oro non c'è più, devastata com'è da una miriade di piccole case, di opifici artigianali, di complessi edilizi, costruiti spezzettando la grande unità delle colture agrumarie che la costituivano, sotto l'occhio distratto, o con la complicità dei pubblici amministratori, ma debbo dire anche con il tacito consenso della società civile, che si accorge dei fenomeni di trasformazione del territorio a danni avvenuti.
La conseguenza per la salute del fiume fu una rottura di equilibrio nello scorrimento delle acque che lo alimentavano, con una drastica riduzione della loro quantità e con il versamento di liquami pubblici e privati e di rifiuti solidi, sempre più intenso man mano che il flusso idrico si avvicina alla foce.
Nel territorio palermitano furono gli strumenti urbanistici degli anni '60 responsabili della strozzatura dell'asta finale del fiume, costretto sulle due sponde da complessi edificati a carattere residenziale (edilizia popolare di iniziativa pubblica sulla sponda destra a ridosso della via Messina Marine) o da pesanti attrezzature a servizio della dilagante espansione della città (carcere di Pagliarelli).
L'istituzione di un parco pubblico nelle immediate fasce fluviali, pur prevista dal piano del '62, è rimasta una pura dichiarazione di intenti, che non ha trovato attuazione nei successivi quarant'anni.
Nei primi anni '80, la situazione ambientale del fiume era talmente precaria, che la "Cassa del mezzogiorno" lanciava un progetto speciale per il disinquinamento dell'ambiente idrico, progetto rimasto - come tanti altri - inattuato.
In anni recenti l'esigenza del recupero di quel che resta dell'ambiente fluviale dell'Oreto mediante l'istituzione di un parco si è fatta pressante, come testimonia il fiorire di ricerche e di esperienze didattiche a livello universitario di un gruppo di studiosi (vedi il volume Dal Manzaneres all'Oreto curato da Zina Pinzello, con i contributi di Rosario La Duca, Franco Raimondo, Silvano Reggio ed altri).
E inoltre le amministrazioni comunali nei cui territori ricade il bacino dell'Oreto, consapevoli che il recupero dell'ambiente fluviale non può che essere oggetto di un intervento unitario, hanno preso l'iniziativa di uno studio di fattibilità del Parco, prefigurando strategie, metodologie, costi, e infine forme di organizzazione e di governo di un'entità territoriale che appartiene a tre diverse giurisdizioni amministrative e che richiede quindi la rinuncia all'autonomia dei singoli poteri ed una speciale capacità di conciliare interessi di parte delle tre comunità locali, attraverso un Authority di comune gradimento.
Ma nulla è successo sul piano delle concrete iniziative.
E' quindi di straordinario valore l'iniziativa di Antonio Presti e dell'associazione Fiumara d'arte, che coinvolgendo 80 scuole dei tre comuni, la facoltà di architettura di Palermo, la società civile e la cultura a livello nazionale, in una riflessione collettiva sull'istituzione del Parco, intende esercitare una pressione determinante sui centri decisionali a livello politico ed amministrativo per accelerare il processo degli atti concreti da compiere.
La sua suggestiva proposta punta sull'obiettivo della riconquista della perduta bellezza di un territorio devastato, mediante la creazione lungo il percorso del fiume di un museo all'aperto di opere scultoree di alto valore artistico, restando sottintesa e presupposta l'opera preventiva di disinquinamento.
Noi di Salvare Palermo abbiamo condiviso l'obiettivo e sposato con entusiasmo la causa ed il metodo, dandone dimostrazione concreta con il coinvolgimento dei nostri soci attraverso la nostra rivista ed oggi con l'organizzazione della mostra dei lavori prodotti nelle scuole e nell'Università e dei documenti storici e progettuali dei tre comuni interessati.
E ci riserviamo di tornare sull'argomento organizzando dopo la mostra un momento di incontro fra esperti, studiosi ed amministratori, affinché siano verificate le condizioni della stipula di un patto operativo fra tutti i soggetti che hanno la responsabilità politica e morale per l'istituzione del parco.
Nino Vicari
Bibliografia: Lavorare sull'Oreto con mano leggera e piuma di mente di Nicola Giuliano Leone, in Per n. 11 gennaio-aprile 2005, pp. 8-10
A più voci sul fiume Oreto di Renata Prescia, in Per n. 12 maggio-agosto 2005, pp. 4-6