L’apparato scultoreo si compone di figure in stucco bianco, che si articolano attorno ad una raggiera in legno dorato dominata nella parte centrale dal tetragramma biblico, la sequenza delle quattro lettere ebraiche che compongono il nome di Dio (YHWH).
In posizione simmetrica ed opposta al tetragramma sono due angeli collegati da un drappo, questi, insieme a cherubini variamente disposti sulle nuvole, ora sotto, ora al di sopra, ora sospesi, glorificano e santificano il nome di Dio.
L’apparato decorativo presentava evidenti segni di alterazione e degrado quali efflorescenze, lacune, lesioni, integrazioni con materiali cementizi, distacco di parti lignee sullo strato di finitura dello stucco due patine sovrapposte di colore, grigio e giallo.
L’intervento di restauro è stato di tipo conservativo basato sul criterio del ‘minimo intervento’.
Dopo aver eseguito la rimozione degli scialbi sovramessi, si è proceduto all’estrazione dei Sali solubili, al preconsolidamento e consolidamento di alcune superfici, al ripristino di elementi distaccati ed alla rimozione delle integrazioni con il successivo impiego di barrette in vetroresina.
Il risultato finale è un apparato che mostra, su un fondo color cielo, l’originaria plasticità, e dei teneri cherubini e paffuti angioletti che hanno ripreso anche la vecchia ‘allastratura’ sempre presente negli stucchi serpottiani, ai quali la Fondazione ha dedicato particolare impegno ed attenzione.
Riferimenti bibliografici: Un restauro all'Albergheria, un dono alla città di Giovanni Errera e Silvana Lo Giudice, in Per n. 32 gennaio-aprile 2012, pp. 36-38.